Ascoli Piceno, 18 ottobre 2021 – In che cosa consiste il carattere integrale della sostenibilità? La risposta emersa dalle Giornate di Bertinoro sull’Economia civile, la cui XXI edizione si è svolta la scorsa settimana, è inevitabilmente stratificata su diversi livelli che però hanno una caratteristica in comune ovvero il non poter prescindere da un ruolo centrale di due componenti: le aspirazioni delle nuove generazioni e la centralità del fattore antropologico e comunitario. Una prospettiva molto concreta che non può limitarsi a orientare risorse verso le grandi sfide della transizione in atto (digitale e green), ma che deve operare un cambio di metodo nel perseguirle, pena il rischio di consolidare modelli e logiche che tutti riteniamo vadano superate.
Il rischio è quello di potenziare i punti di debolezza di un sistema, invece che trasformarlo per renderlo più sostenibile: il rischio di progettare soluzioni buone per il futuro su schemi del passato, costruendo cosi il “futuro del passato” piuttosto che il “presente del futuro”. La sessione di apertura della XXI edizione ha rilanciato con forza la necessità di una “rottura” rispetto alle logiche incrementali che tendono a ridurre lo sviluppo a un mero avanzamento economico sotto alcuni vincoli ambientali.
Prima Giovanna Melandri poi Stefano Zamagni hanno coraggiosamente rilanciato la necessità di un cambio di passo nelle politiche pubbliche rafforzando la necessità di distinguere in maniera esplicita la finanza sostenibile da quella d’impatto. Cambiamenti questi che passano dalla soluzione di dilemmi etici come ha ricordato il premio Nobel Muhammad Yunus, parlando delle crescenti disuguaglianze e dell’individualismo che la gestione del vaccino ha messo in luce.
Una ulteriore stratificazione di questa prospettiva plurale della sostenibilità è emersa dalle sessioni pomeridiane e sta nella necessità di potenziare la qualità dell’integrazione tra il Terzo settore (l’Istat presentando i dati ha certificato la continua crescita in termini di unità e di occupati arrivati a oltre 861mila) e le istituzioni pubbliche. Il tema della coprogettazione è stato descritto e posto come metodo più adeguato per alimentare un nuovo welfare, a patto però che non ci si limiti a una “innovazione amministrativa”, ma che si traduca in una vera e propria “innovazione sociale”. Un rischio espresso molto bene da Ezio Manzini nel chiedersi (e nel chiedere) fino a che punto oggi le missioni del Pnrr potrebbero “mettere a valore” innovazioni come quella, rilevante e controversa, dell’accoglienza diffusa dei migranti a Riace o in altre parti delle aree interne del nostro Paese.
Nella giornata di sabato è andata in scena una profonda riflessione sul valore dell’economia sociale a livello europeo in cui prima Mario Calderini e poi Giulio Pasi hanno ribadito la necessità di una “visione integrale e dinamica” per poter realmente cambiare le “regole di gioco” evitando così spinte “conservative”. A seguire si è svolta una conversazione con i ministri Elena Bonetti e Andrea Orlando che, partendo dalle proposte di Leonardo Becchetti e dalle riflessioni di Giovanni Fosti han preso impegni sui tempi della Riforma (avvio del Runts entro l’anno).
Una due giorni anche quest’anno ricchissima e densa che non ha mancato di provocare la sensibilità delle oltre 4000 persone che ci ha seguito online e in presenza. Questo è accaduto, in particolare, quando il filosofo Silvano Petrosino ha ricordato il valore del “desiderio” dentro la vita delle persone e in particolare dentro tutte le prospettive di innovazione. Come a volerci ricordare che il fattore antropologico che qualifica la “sostenibilità integrale” fiorisce quando l’uomo è valorizzato non solo nel suo essere portatore di bisogno, ma in quanto “struttura di desiderio”.